Decima tappa, giorno 3, Yerevan e dintorni, ovvero le ali di Tatev e l’ intestino con le spugne.
Partiamo verso le nove e puntiamo verso sud, l obiettivo è’ quello di vedere un po’ di monasteri e di godere delle montagne che valicheremo, almeno una di queste passaggio della via della seta. L’ Ararat è’ alla nostra destra e mi rendo conto che inizia in modo molto dolce, si intravedono coltivazioni a salire sulle sue pendici. Quello che Vediamo appartiene alla Turchia che si è’ annessa il simbolo della comunità armena, il monte Ararat, molti anni fa. Ci domandiamo se, per dispetto, Erdogan riuscirà’ a spostarlo da lì nei prossimi anni. Troviamo il primo monastero del nostro percorso e cogliamo l’ occasione per fare un po’ di fuoristrada, la moto è’ troppo bassa e lo sterrato ha degli sbalzi che fanno raschiare il cavalletto sulle pietre. Riusciamo ad arrivare e siamo gli unici turisti. Il posto trasuda storia con molte steli lavorate sparse nei dintorni, ma di per se’ il monastero è’ abbastanza anonimo anche se la location e’ suggestiva. Ma non come la gola del monastero di Novarak che imbocchiamo subito dopo. Togliamo il casco per un piacere più’ intenso e ci godiamo gli 8 chilometri in una gola con torrente è molto verde, sino ad arrivare al monastero, accanto al quale ©’ e’ una chiesa deliziosa che è dedicata a Santa Avastatina, probabilmente protettrice delle coronarie. Sembra che ci sia una specie di matrimonio e il Salvini si intrufola e riesce a baciare la sposa e congratularsi col marito. Bellissimo posto, troppa gente. Riprendiamo la via.
Si punta verso Il Nagorno Karabakh , e si inizia a salire tra le montagne saliamo parecchio , probabilmente attorno ai 2500 metri, la moto perde un po’ di cavalli per l’ aria più fina. Entriamo nelle nuvole e, a parte la visibilità’ del panorama che sparisce, fa molto freddo. Da 34 siamo passati a circa 16 gradi. Purtroppo, la scarsa visibilità’ per il resto del giro tra i monti, poi la pioggia, saranno elementi che ci faranno rientrare a Yerevan e desistere dall ‘ idea di “dormire fuori”. Ci fermiamo a mangiare in una trattoria lungo la strada. A parte l’ entusiasmante offerta di formaggi e insalata buonissima, decidiamo di ordinare un piatto che, nella nostra fantasia, e’ uno spiedino di carne di manzo. Non abbiamo osato chiedere spiegazioni ma, la.nostra impressione;l è’ che fosse intestino di agnello o pecora ripieno con frattaglie dalla consistenza spugnosa. L’ aspetto era appetitoso, l’esperienza meno. Ripartiamo alla volta del ponte di ferro sulla gola della paura. La nostra, che dopo l’ ennesimo ingresso in un fuoripista , ci coglie dopo aver sperimentato la marcia su fango e
visto come era messa la strada. Dietrofront,
Recuperiamo l’ asfalto e puntiamo la Tatev airway, la più lunga teleferica del mondo che collega un amico villaggio con il resto del mondo . Purtroppo la scarsa visibilità e le previsioni di pioggia forte ci fanno fermare solo il tempo di un caffè’ e decidere di rientrare alla base. Arriviamo col buio dopo una scorpacciata di quasi 500 km tra le montagne e la sorprendente rivelazione che la Goldwing dovrebbe avere un unico posto , quello del guidatore. Infatti, la particolare seduta a poltroncina del passeggero, impedisce, nella sua comodità’ , di ammortizzare sulle gambe o con l’ inclinazione del tronco, tutti i colpi che l’ asfalto in pessime condizioni procura e che non viene ammortizzato dalla moto. Cena in ristorante libanese il cui padrone, libanese cristiano maronita, ci affascina con la sua visione sulla democrazia e sulla politica ad estera . Buonanotte a tutti, qua e’ molto tardi, la cuccia chiama.
niceandnesty.com ©2016. All Rights Reserved.
The Comments are closed.