Decima tappa, Tsakgadzhor/Yerevan , ovvero il parcheggio di Noè.
La strada che mi porta a Yerevan e’ una “vallassina-like”tra montagne brulle, bruciate dal sole e arrotondate dal tempo. È’ un saliscendi piacevole che affronto a velocità di crociera. La luce non è adatta per le foto, il cielo è lattiginoso e il caldo aumenta di brutto a 12 km dalla città. Una grande emozione e’ intuire all’ inizio di un grande discesone che quella sagoma gigantesca all orizzonte e che si intravede appena, è il biblico monte Ararat, dove l’ arca di Noè ha finalmente parcheggiato. Sono 5000 metri di cono, quasi il profilo di un triangolo equilatero, con la punta coperta di neve, o almeno così sembra nel ti vedo e non ti vedo della foschia.
Hotel un po difficile da trovare, in centro spianato ma è nascosto in una viuzza a senso unico e mi tocca sudare sette camicie per raggiungerlo. È’ al settimo piano e l’ accoglienza e’ quasi calorosa, mi sento a mio agio dopo essere andato via maldisposto dal villaggio alpino, sgrauso, con centinaia di interventi per rinnovarlo come una Moira Orfei in completa denuncia del tempo andato, popolato da nonni e bambini, tipo colonia.
La stanza non è ancora disponibile ma mi offrono un posto per cambiarmi e un caffè con dolci fatti da loro, seduto su un grazioso terrazzino al fresco di una deliziosa brezza. È’ ora di esplorare i dintorni, e’ l ora più calda e per l’ occasione esco l’ infradito, dopo gli stivali mi godo la differenza ad ogni passo. La città è piuttosto trasandata, con molti edifici crepati e lasciati andare, molto nuovo ma soprattutto un sacco di verde e tanta acqua, fontane, zampilli per dissetarsi e la sensazione netta di frescura non appena passi dal sole all’ ombra , complice una brezza che durerà fino a sera inoltrata.
La quantità di locali, bar e ristoranti, ritrovi negli spazi verdi,e’ impressionante, deve essere una città che vive molto all’ aperto e tanto alla sera come avro’ poi conferma piu’ tardi. Negli ultimi dieci giorni ho spesso saltato il pranzo, ricca colazione al mattino e poi cinghia fino a sera, se proprio necessario, una fetta di torta o giù di lì . Qui vedo un negozio che vende solo noci e nocciolame (?) vario , mi assale la voglia di pistacchi e, per gola , ne compro un casino, ho speso più del pieno alla moto, ma sai che soddisfa?
Torno in albergo per fare finalmente una doccia e riposare un po’, decido di andare alla “cascade” verso sera, quando il sole picchia meno. Sono quasi 600 gradini senza riparo lungo il fianco di una collina che è parte integrante della città. È’ particolare perché è un museo di arte moderna all’ aperto oltre ad ospitare nella stessa struttura sui fianchi delle sale che contengono una ricca collezione sempre di arte moderna.
Più’ salgo e più convince, lo spettacolo e’ apparentemente disturbato da una quantità’ esagerata di varia umanità’ dedita a selfie, foto a bimbi e fidanzate. Decido che in realtà’ fanno parte della struttura come alcune sculture animate che ho ripreso per voi e mi passa il fastidio. Concludo la serata con la scelta del ristorante, quello individuato non sono riuscito a trovarlo, solo più’ tardi me lo sono ritrovato davanti, e’ un barbecue smokeless indoor con ottime recensioni, vedrò’ di andarci col Salvini domani sera. A proposito domani alle 14,all’ aeroporto di Yerevan, vado a prendere l’ amico Marco che stara’ con me sino ad Istanbul, sulla via della Grecia. Marco ha goduto con me delle pieghe portentose che il mio vecchio Guzzi 650 permetteva. Più giovane di me di qualche anno, ha poi fatto grandi viaggi in tutta l ‘ africa, in moto ed in fuoristrada. Sara’ bello fare un pezzo assieme. Cena con hummus spettacolare e pollo fritto e impanato che sembrava un dolce in salsa d’ aglio. Cammino verso l’ albergo e tutta Yerevan popola le strade, fumatori di pipa d ‘ acqua da tutte le parti, bambini, mamme e intere famiglie a passeggio o nei locali all’ aperto. Le note del Nabucco, il va o pensiero, mi sorprendono quando gia’ mi vedevo a cuccia, i giochi d’ acqua delle fontane di piazza della repubblica danzano a ritmo prima di Verdi, poi della marcia di Radetzky e cedo le armi, quando attaccano con Kalinka. Lascio migliaia di persone a godersi il fresco della sera e mi ritiro. Buonanotte a tutti!
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