9 tappa, Tbilisi /Tsaghkadzor, dove incontro l’ispettore Violette Retancourt.
Oggi tutto riposo, tappa sui duecento km ma con sosta laboriosa in frontiera. L ‘ uscita dalla Georgia e’ molto semplice, neanche un ‘ auto davanti a me e una funzionaria gentilissima che ha voluto sapere se mi ero trovato bene nel suo paese e se contavo di tornarci in futuro. Roba da fantascienza dopo ” present?” in ucraina e dopo le ore alla frontiera russa in completo vuoto empatico. Tra l’ altro la polizia Georgiana e’ vestita in modo simile a quella americana, li confonderei facilmente. Duecento metri di terra di nessuno e mi fermo per cercare di capire cosa devo fare, non vedo una vera fila ma solo confusione di macchine, pullman e gente a gruppi in modo sparso. Mi avvicina un doganiere e in inglese gestuale, mi fa capire che ho diverse tappe davanti a me, in luoghi diversi e che posso mettere la moto dove voglio, proprio come fanno tutti con le loro auto. Parcheggio in mezzo ad un gruppo di attenti osservatori e cronisti della mia manovra, a domanda rispondo da protocollo che la moto costa come una VWGolf e mi dirigo in un edificio scalcagnato, dentro e’ peggio.
Quattro scrivanie affiancate, 6 persone sedute, una che lavora. Fumano tutti. C’ e’ anche uno sportello nel muro con la scritta “Banca Ararat”.
Davanti a me 5 o 6 persone che si affollano davanti all’ unico tipo attivo, tra una telefonata e l’ altra sul suo celllare e una strizzata d’ occhi per proteggersi dal fumo della slim che tiene nel becco. Arriva il mio turno e con un cenno mi manda dalla collega accanto che, appena arrivata, impiega un buon 20 minuti a settare la postazione di lavoro. Inizia rovesciando la tastiera del pc dalla quale cade di ogni sulla scrivania. Passa poi alla disinfezione della stessa, del tavolo e dello schermo del pc.
5 minuti extra vanno per decidere quale penna usare ( ne ha provate 3 estratte dal suo mini beauty) Le riconosco notevoli capacita’ multitasking perche’ nel frattempo ha avviato il computer, di cui pero’ non aveva la password….il tutto mentre il numero di persone aumentava nella classico schema “a cappella”. La tenuta da moto che indosso, ormai bella vuncia dopo le cadute nel talco e i 5mila km fatti, ottiene l’ effetto di farmi notare e riesco ad essere il secondo a cui la tipa da’ retta. Mi guarda, dice ” motorbike”, io vorrei dirle ” Celentano” ma mi trattengo. Strappa un pezzo di carta e con la sua penna selezionata scrive due cifre, 5600 e 2000. Mi porge il biglietto e con l’altra mano mi indica la banca, obbedisco e mi metto in coda , a cappella, davanti al pertugio della banca Ararat . Spero che il funzionario leggendo il biglietto con i numeri del lotto sappia come gestire la situazione. Quando finalmente tocca a me decido di farmelo amico cambiando un bel 50 euro in valuta locale (dram) a qualunque tasso da rapina voglia applicare da una posizione privilegiata come quella del monopolio su piazza. Come sperato sa lui cosa fare, due versamenti e relativi moduli per le cifre del lotto, trattiene il dovuto dal cambio e….torno in coda, sempre a cappella. La tipa dopo dieci minuti si accorge di me e mi processa, compila diversi moduli e poi mi indica i suoi colleghi a fianco, in divisa delle dogane, ci vuole il loro timbro e poi posso andare a fare l ‘ assicurazione. Questi sono gli stessi che un’ ora prima erano li a cazzeggiare, ora che sono io di fronte a loro, sono presissimi, mi ignorano e continuano a far passare fogli e fogli timbrandoli fronte e retro. Il bello e’ che uno di questi timbri lo condividono e ogni 60 secondi circa uno dei due si deve allungare per ripigliarselo. Fatto il timbro entro in Armenia con la raccomandazione di fermarmi a fare l’ assicurazione per la moto, ci sono una ventina di baracchini e scelgo quello che mi permette di parcheggiare all ombra.
Pago 10 euro e sono in moto nuovamente.
Il pulotto che mi ferma qualche chilometro dopo la frontiera c’ e sempre, nessuna eccezione, anche stavolta. E’ molto gentile e mi suggerisce di fare una strada diversa da quella che intendevo, che e’ in condizioni precarie e ha una parte sterrata. Grato, allungo la mia strada di una 50 ina di chilometri per arrivare nel posto dove la nazionale russa di sci andava in ritiro, un po’ di anni fa. Stasera si dorme con la copertina. Prima di raggiungere Erevan ho pensato che un po’ di fresco e natura mi avrebbero fatto bene. Molto bene, grazie a Violette Retancourt , che per chi legge i gialli di Fred Vargas,non ha segreti, ‘ e’ un donnone imponente, non bella ma bella per come e’ lei, burbera e generosa. Decido per il massaggio sportivo. 50 minuti di remise en forme che mi sembrava di essere nell impastatrice.
Ci voleva. Cosi come ci volevano un paio d’ ore accanto al torrente a organizzare i giri dei prossimi giorni, quando arriva il mio amico Salvini da Kiev. E con questo e poche foto vi abbraccio e vado a cuccia col mio brandy armeno che ‘ e’ proprio buono. A domani!
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